mercoledì 18 marzo 2015

CLASSIC BADASS: Gli stati e gli imperi della Luna




Italia, secolo XVII. Un villaggetto di campagna viene svegliato nel cuore della notte dall'ululato feroce dei cani. Gli abitanti accorrono da tutte le parti. Da dove viene, che sarà mai. Le volpi. Un orso. I lanzichenecchi.

Non proprio: è un naso alquanto grosso, attaccato a uno straniero dall’aria spaesata. Che subito alza le mani. “Boni oh state boni.” Parla con un marcato accento francese, indica i cani. “Dispiace per il casino, devo averli mandati in bestia io, mi sa che puzzo ancora un po’ di luna, sapete com’è, sono appena tornato.”
In effetti lo straniero sembra proprio un lunatico – magari non nel senso che dice lui. Eppure...

Eppure si tratta del famigerato Hercule Savinien de Cyrano de Bergerac, ex-moschettiere e guascone ad honorem oltreché filosofo, drammaturgo, poeta.

Per capire cosa ci faccia in Italia e perché tutti quei cani ce l’abbiano con lui, bisogna fare un passo indietro.


"Cristiano il bello lo faccio io."

La storia di Cyrano è nota. Nasce a Parigi nel 1619 e già da marmocchio mette in luce quelli che diventeranno i suoi tratti fondamentali: la spavalderia, la vena poetica e “un naso alquanto grande”. A diciannove anni entra nei moschettieri del re. È l’unico non-guascone in una compagnia di veterani D’Artagnan: ma dopo averlo visto combattere i compagni gli assegnano subito il patentino ‘uno di noi’ e lo nominano Demon de la Bravoure
Per Cyrano, del resto, le occasioni di misurarsi in battaglia non mancano – un po’ la gente lo percula volentieri per via del naso, un po’ lui è uno che non le manda a dire.

La carriera militare sembra spalancata ma nel 1640, durante un assedio, per poco non ci rimane con la gola aperta. Si congeda quindi dai moschettieri per dedicarsi interamente alla drammaturgia, concedendosi giusto qualche pausa per dilapidare la fortuna ereditata dal padre.


"Vi farò grazia di una morte squisita."

Nello periodo in cui il cardinale Mazzarino si becca sulla capoccia la grana della Fronda, con mezza cittadinanza in armi e Parigi sotto assedio, l’imperturbabile Cyrano porta a termine il suo primo romanzo: Gli stati e gli imperi della Luna – una bomba di fantascienza ante-litteram, a metà via fra Sentry di Fredric Brown e la Storia Vera di Luciano (ne abbiamo parlato qui). 

Tutto inizia da una serata alcolica con quattro amici. Sulla via del paninaro a qualcuno parte la sbronza poetica: si finisce a parlare proprio della luna. Quant’è bella, quant’è cara. Ma secondo te com’è fatta veramente. Ah per me dev’essere il sole che ci sbircia da un buco nel cielo. Secondo me invece è lo stenditoio di Artemide. 

- No ragazzi non ci siamo. Guardate che loro sono come noi.
- ‘zzo stai a dì, Cyrano.
- Forse per noi la Luna è la luna, ma per loro la luna è la Terra. Capite?
- MA LORO CHI.
- Cioè tu davvero pensi che siamo soli in questo popò di universo?
- Mi sa che ne hai presa troppa, Cyrano.



Punto nell’orgoglio, Cyrano decide che l’unico modo di dimostrare la propria tesi è raccogliere prove sul territorio. Pronti via, si va sulla luna.

Sì ok, ma come?

Metodo n.1: La mongolfiera de noartri – Cyrano si sveglia presto al mattino per raccogliere la rugiada, riempie una caterva di ampolle poi esce al sole e aspetta che la rugiada evaporando lo spinga verso l’alto.
Geniale, eh?


Contrariamente a tutte le aspettative e a tutte le leggi della fisica, il piano funziona fin troppo bene. Tanto che l’aspirante uomo-dirigibile deve sbarazzarsi di qualche bottiglia per ridiscendere in... Canada. Arrestato, rimpatriato, tutto da rifare.
Ma Cyrano è uno tenace e non si dà per vinto, tanto che nel giro di qualche giorno ha pronto un nuovo infallibile piano.

Metodo n.2: La pomata magnetica della nonna – secondo una vecchia credenza popolare, la luna calante risucchierebbe il midollo degli animali (dafaq?). Cyrano si spalma ben bene di midollo di bue e si libra nel cielo come un palloncino di elio (ignorando le bestemmie di Isacco Newton a terra).
Quello che non ha calcolato è che arrivato a metà strada la gravità si inverte. Invece che salire e delicatamente posarsi sulla superficie del satellite, Cyrano precipita come un sacco di patate senza paracadute e si spiaccica su un albero lunare.




Cyrano si tasta per verificare i danni.
La testa c’è.
Le gambe ci sono.
Le chiappe pure.
Nemmeno una costola rotta, miracolo.

Non è un modo di dire. Cyrano è infatti piovuto nel Giardino dell’Eden dritto sull’Albero della Vita, che non solo ripristina la barra degli HP ma lo ringiovanisce pure di quattordici anni.
Sano e sbarbato, comincia a guardarsi in giro. Dopo un lungo vagabondare nel più bucolico dei deserti, si imbatte in un vecchio barbuto. È il profeta Elia, ammesso al cielo per volontà del Signore. Il quale tuttavia non si è preoccupato di fornirgli nemmeno una scala a pioli, sicché il vecchio profeta ha dovuto ingegnarsi da sé. Come? Ma naturalmente grazie al mitico...

...Metodo n.3: Il magnete di Paperoga – equipaggiamento: una potente calamita e una carretta di ferro.
Istruzioni: a) salire sulla carretta, b) lanciare in alto la calamita, c) aspettare che la carretta salga verso la calamita, d) riprendere nonché e) rilanciare la calamita, f) proseguire così fino alla luna.

Appurata la comune simpatia per le leggi delle fisica, Cyrano ed Elia proseguono discorrendo amabilmente di faccende teologiche. 

Cinque minuti dopo Cyrano viene scortato dalla sicurezza fuori dal Giardino dell’Eden.



Ma santi e profeti non sono gli unici abitanti della luna. Ci sono anche degli strani umanoidi quadrupedi che trovano lo straniero, lo catturano e lo portano dal magistrato.

- Che cosa sarebbe, questo?
- Sembra un uomo.
- Ma va là, non vedi che è bipede.
- Sì fa un po’ schifo.
- Però che bel naso.
- Per me è una bestia esotica.
- Sei sicuro?
- La regina ne ha un esemplare uguale, un maschio.
- Allora questo dev’essere la femmina.

Senza tanti complimenti il prigioniero viene condotto al palazzo della regina, dove incontra ‘l’esemplare maschio’. Cyrano non crede ai propri occhi.

- Ma va là un altro essere umano.
- Ma va là pensavo di essere l’unico.
- Sono arrivato ieri, ma come ci sei arrivato qui.
- Mi ha trasportato uno stormo di uccelli.
- Geniale. Io ho usato il vecchio trucco della pomata di bove.
- Mirabile. Pensa che questi mi credono una scimmia.
- Io invece sarei una femmina di scimmia.
- Ah siamo a posto.

Arrivano i custodi delle scimmie. 

- Cosa stanno dicendo?
- Credono che vogliano farci accoppiare.

 


Lo vogliono e lo possono. Mentre Cyrano passa un brutto quarto d’ora, noi approfittiamone per qualche notazione culturale sul popolo dei seleniti, secondo ciò che l’autore osserva nell’opera.

I seleniti parlano con la musica, i loro nomi si scrivono con le note su un pentagramma e usano come valuta i versi poetici: una sestina per una cena all’osteria, un sonetto per otto giorni di baldoria, e “se c’è qualcuno che muore di fame, è solo perché è un asino, mentre le persone di spirito hanno sempre la pancia piena”.

La sera prima di coricarsi leggono... gli audiolibri: “Libri per i quali gli occhi sono inutili e le orecchie indispensabili”. Si tratta di scatole piene di meccanismi tipo orologio che si possono portare in giro a mo’ di walkman. Per leggere basta girare l’ago al capitolo che interessa et voilà! Ecco diffondersi “suoni come dalla bocca di un uomo o da uno strumento musicale.” 

Fra i seleniti inoltre il naso grande è un segno di bellezza e tutti ce l’hanno enorme, tanto che si nutrono di odori. Anche da loro peraltro esiste una specie perversa di pseudo-fruttariani: gente che si nutre (o meglio, odora) solo cose morte da sole, per paura che il troppo snosare possa recar loro dolore.

Infine, i vecchi devono rispettare i giovani e non viceversa: "Avreste certo pena a credere che Ercole, Achille, Epaminonda, Alessandro e Cesare, che son quasi tutti morti prima dei quarant'anni [come ahinoi accadrà al buon Cyrano, n.d.r.], siano da disdegnare e che un vecchio rimbambito, nel quale il sole ha maturato il raccolto novanta volte, sia da incensare”.

"'Vecchio' a CHI?"

Coerentemente, un criminale è condannato a “morire di morte naturale e nel suo letto, e inoltre ad essere seppellito dopo morto”. Nulla di più umiliante che sparire sottoterra divorati dai vermi. La gente per bene si fa cremare, così la sua forza vitale risale alle stelle. Oppure quando decide di averne abbastanza dà una grande festa e si fa divorare dagli amici, che poi si accoppiano alla libertina: così se nasce un pargolo sanno che è il loro amico che si è reincarnato.

Quanto a Cyrano, durante la sua ‘gravidanza’ ha modo di imparare la lingua dei seleniti. Inevitabile che i filosofi locali comincino a speculare. Sarà dotato di ragione oppure no? È veramente una scimmia? O forse un pappagallo? O magari uno struzzo?

- No ragazzi non ci siamo. Guardate che noi siamo come voi.
- ‘zzo stai a dì, scimmia.
- Forse per voi la Luna è la terra, ma per noi la Terra è la terra. Capite?
- MA NOI CHI.
- Cioè tu davvero pensi che siete soli in questo popò di universo?





A differenza dei suoi amici beoni, i seleniti la prendono sul personale e trascinano Cyrano davanti al tribunale dell’Inquisizione lunare. Se il poveretto evita il peggio lo deve solo grazie all’intervento del suo protettore, un tipo solare – nel vero senso della parola, in quanto viene effettivamente dal sole – che in passato si era già impiegato come demone personale di Socrate.

E a Gli stati e gli imperi del Sole avrebbe dovuto essere dedicato il secondo romanzo di Cyrano – o meglio un secondo viaggio nel fantastico e un ulteriore bonario cricco sulle palle dei fautori dell’antropocentrismo ottuso, geocentrico, anti-galileiano. L’atteso sequel, ahinoi, rimase però incompiuto anche a causa della precoce dipartita dell’autore.

Cyrano muore nel 1655, a trentasei anni, forse in seguito a un colpo alla testa. Le circostanze particolari sono avvolte nel mistero, e fra i suoi innumerevoli nemici molti tentarono di attribuirsi la gloria del colpo fatale. 

Ma la gloria autentica appartiene solo a lui, a Hercule Savinien de Cyrano de Bergerac. Soddisfazioni letterarie non ha avute in vita quante meritava – non ha nemmeno fatto in tempo a vedere pubblicato il romanzo lunare – e certo il suo cuore non ha sopportato meno pene di nessun altro. Nondimeno, la storia di quei suoi nemici è caduta nell’oblio – il suo nome è leggenda.



"Sai dirmi in che maniera? Andar sotto padrone? Cercarmi un protettore? E come oscura edera che ha l'albero tutore, e s'appoggia arrampicandosi e leccandogli la scorza, potrei salir da furbo, e non invece a forza? No, grazie. Dedicare in ogni scartafaccio dei versi ai finanzieri? Mutarsi in un pagliaccio, sperando di vedere, sul labbro di un ministro, lo spasmo di un sorriso un po' men che sinistro? No, grazie. Banchettare ogni giorno da un pidocchio? Avere il ventre logoro dalle marce, e il ginocchio più prestamente sporco nel punto in cui si flette? Rendermi primatista in dorso-piroette? No, grazie. Riconoscere talento ai dozzinali? Plasmarsi su ogni critica che appare sui giornali? E vivere sognando: "Oh, sento già il mio stile percorrere le bozze del Mercurio mensile"? No, grazie! Fare calcoli? Tremare? Arrovellarsi? Preferire una visita a un paio di versi sparsi? Stendere delle suppliche? O farsi commendare? No, grazie. No, grazie! No, grazie!!
Ma cantare, sognare, ridere. Splendido. Da solo, in libertà. Aver l'occhio sicuro, la voce in chiarità. Mettersi se ti va di sghimbescio il cappello, per un sì, per un no, fare un'ode o fare un duello. Fantasticare, a caccia non di gloria o di fortuna, su un viaggio a cui si pensa, sulla luna! Se poi viene il trionfo, ebbene fatti suoi, ma mai, mai diventare un "come tu mi vuoi". E se pur quercia o tiglio davvero non si è… se vuoi proprio non alto, ma farcela da sé."




Fonte:
Cyrano de Bergerac, L’altro mondo, ovvero Gli stati e gli imperi della Luna, a cura di Vitiello P. (1984, Liguori Editore: Napoli)



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